Palazzo San Giacomo, la piccola Versailles di Romagna

 

Oggi vi portiamo a Russi per farvi conoscere Palazzo San Giacomo, la nobile residenza estiva della famiglia Rasponi. Un luogo che continua ad affascinare il visitatore per le sue dimensioni fuori misura nel bel mezzo della campagna ravennate, l’ampia scenografia del prospetto e gli interni riccamente decorati.

Questa lussuosa “delizia” fu realizzata dal Conte Guido Carlo Rasponi nel 1664. Guido Carlo era il fratello di Monsignor Cesare Rasponi, già diplomatico del papa Urbano VIII Barberini, e poi eletto Cardinale da papa Alessandro VII Chigi. Per Ravenna, l’elezione di Cesare alla porpora cardinalizia nel 1666 fu un avvenimento di grandissimo prestigio, che venne festeggiato pubblicamente con tutta una serie di eventi che culminarono nell’erezione nella Piazza Maggiore di una statua bronzea del pontefice Alessandro VII, inaugurata nel 1672.

Per questo importante ed ingombrante fratello, Guido Carlo nel 1664 acquistò dalla canonica di Santa Maria in Porto la tenuta di Raffanara, lungo l’argine destro del fiume Lamone, e il piccolo monastero cinquecentesco, già residenza dei canonici portuensi, per farne la residenza estiva più sontuosa della Romagna.

Palazzo San Giacomo era, quindi, il biglietto da visita della casata Rasponi nei confronti dell’esterno.

Con l’acquisto di San Giacomo e della vicina tenuta di Madrara, Guido Carlo raddoppiava le sue rendite agrarie che per il resto gli derivavano dalle proprietà di Mezzano e di Savarna. Se a Mezzano e a Savarna manteneva una parte rilevante dei suoi domini, egli sceglieva senza incertezze di legare piuttosto alle campagne – giardino di San Giacomo le trasferte suburbane della famiglia e dei suoi ospiti illustri facendo diventare il Palazzo la residenza prediletta delle vacanze estive della nobile famiglia.

Nel 1688 Guido Carlo autorizzò sia interventi architettonici sia decorativi per conferire al palazzo una nobiltà commisurata alla “grandezza della possessione”. In particolare venne affrescata la grande galleria che collegava il vecchio palazzo con gli appartamenti del fronte nuovo con un ciclo volto a celebrare i fasti e la vita del Cardinale Cesare. Questo primo ciclo di affreschi fu realizzato dal padre agostiniano Cesare Pronti e da Filippo Pasquali, allievo di Carlo Cignani.

La vera e radicale trasformazione dell’edificio in residenza principesca si dovette soprattutto, fra il 1695 e il 1705, al gusto e alle nuove esigenze di rappresentatività cortigiana del Marchese Filippo, figlio di Guido Carlo, nominato cavaliere da papa Clemente XI Albani, nomina che lo portò a far parte dell’entourage più ristretto del pontefice.

Il gusto romano del Marchese si sarebbe rivelato più che nel linguaggio architettonico, negli interni fastosi, lontanissimi ormai dalle forme con cui la nobiltà locale usava arredare i propri diporti suburbani. A San Giacomo venne arruolata direttamente da Roma una di quelle tipiche ed attrezzate équipe di pittori e decoratori alla moda che allora tenevano il campo nella capitale; richiestissime dall’aristocrazia, in città e in villa, ogniqualvolta si volessero limitare sia i tempi sia le spese, ma sempre con un occhio di riguardo al gusto.

I temi rappresentati erano prevalentemente scene mitologiche e allegoriche raffiguranti i segni zodiacali e i quattro continenti.

Dopo il 1743 sarà il Marchese Cesare junior a lasciare un’importante impronta sull’edificio, più positivamente utilitaristica, non solo per il completamento dell’ala meridionale e della seconda torre, o per la probabile addizione di ambienti di servizio, ma soprattutto per la funzionalità conferita agli spazi interni.

Cesare junior completò la decorazione pittorica del Palazzo. Venne così ultimato il ciclo dello Zodiaco, non portato a termine dall’équipe romana, e poi venne sviluppato il ciclo dei Pianeti. Gli autori di questi affreschi furono i bolognesi Mariano Collina, Giovan Battista Sandoni e il paesaggista Bernardo Minozzi i quali realizzarono opere contrassegnate da una particolare attenzione ai valori atmosferici e da tonalità molto chiare; le figure che popolano questi delicati paesaggi sono parte integrante della natura.

A evocare quel lusso da vero palazzo di città resta, molto malandata, e non solo per le bombe del ’44, la decorazione pittorica di numerosi ambienti del piano nobile.

Fu ancora Cesare junior a decidere il trasferimento della cinquecentesca Chiesa di San Giacomo, che allora si trovava addossata al muro di cinta in prossimità del fiume Lamone, di fianco al Palazzo, dove in precedenza si trovava il lussureggiante giardino all’italiana realizzato dal padre Filippo.

Il trasferimento della Chiesa si rendeva quanto mai necessario perché il padre aveva ribaltato la facciata del Palazzo da ovest a est, realizzando appositamente il “carrarone”, ovvero il lungo viale alberato verso la Faentina, e dunque l’antica Chiesa si sarebbe trovata alle spalle del nuovo ingresso e sarebbe stata invisibile.

Negli anni dei moti risorgimentali, fra il 1830 e il 1843, il Palazzo ospitò le riunioni dei rivoluzionari romagnoli per la viva partecipazione alle vicende politiche degli ultimi Rasponi.

Estinta la famiglia, nel secondo dopoguerra, la proprietà fu smembrata e gli edifici in parte demoliti. Solo nel 1975 il Palazzo fu acquistato dal Comune di Russi e sono iniziati i lunghi e difficili lavori di restauro e consolidamento per arrestare il degrado.

Oggi, ciò che tutti si auspicano, è l’individuazione di una destinazione d’uso dell’edificio al fine di predisporre un progetto definitivo per il recupero e la valorizzazione di questa piccola Versailles di Romagna.

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