Per Santa Caterina il gallo e la gallina, la bella bambolina…

Dal 1999, il 25 novembre è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, data scelta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ricordare il martirio delle tre sorelle Mirabal brutalmente assassinate, il 25 novembre del 1960, dal dittatore della Repubblica Dominicana Trujillo, per via della loro dissidenza al regime.
 
Il 25 novembre è anche il giorno in cui il calendario liturgico festeggia Santa Caterina, martire del IV secolo di Alessandria d’Egitto per essersi opposta alle persecuzioni di Massenzio  e il cui culto è cresciuto a tal punto da divenire uno dei più popolari nell’Europa Occidentale durante il tardo Medioevo.
 
Santa Caterina d’Alessandria è raffigurata in moltissime opere d’arte. La Pinacoteca di Ravenna conserva il dipinto, proveniente dal Monastero di Classe, realizzato da Barbara Longhi, figlia del più noto pittore Luca, che ritrae la Martire (termine che, dal greco, significa “testimone”) con i classici attributi iconografici: la corona dentellata e la palma, rispettivamente strumento e premio del martirio subìto. A Ravenna, quindi, troviamo una donna, Barbara, vissuta nel Cinquecento, che ha ritratto un’altra donna, Caterina, vissuta molti secoli prima di lei. Una vicenda, quella di Caterina, più attuale di quanto non possa sembrare, è infatti quella di una giovane ricca di fascino che muore per non rinunciare ai suoi ideali.
 
Secondo la Legenda Aurea, testo agiografico di larghissimo successo nel Medioevo, Caterina era una ragazza di nobili origini e di rara bellezza che ad Alessandria si dedicò allo studio della filosofia e delle arti e che rifiutò di sposare l’imperatore Massenzio perché cristiana. Massenzio mandò a chiamare oratori e filosofi nel tentativo di distoglierla dalla fede in Cristo. Caterina, tuttavia, disputò tanto bene da riuscire lei stessa a convertirli, suscitando così l’ira dell’imperatore che ne ordinò il supplizio.
 
Per questa sua leggendaria sapienza, capace persino di convertire i filosofi pagani, Caterina è diventata protettrice degli studenti di filosofia, teologia e universitari in genere. Santa Caterina, in questa veste, è patrona delle Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova e di Siena e nel XIII secolo è stata proclamata patrona dell’Università Sorbona di Parigi.
 
Per la devozione verso Santa Caterina d’Alessandria, anche nel calendario della tradizione popolare romagnola, il 25 novembre è una data che ha una certa importanza, legata com’è ad antiche usanze.
 
Il giorno di Santa Caterina era considerato quello di inizio dell’inverno climatico e meteorologico. Lo confermano moltissimi proverbi, come anche le disposizioni municipali che indicavano in questo giorno quello in cui si potevano finalmente accendere i camini e le stufe nelle scuole e negli uffici. “Per Santa Caterina tira fuori la fascina”.
 
Un mese prima di Natale, un mese dopo Natale, è inverno naturale”. Secondo le tradizioni contadine romagnole, si credeva che l’inverno iniziasse proprio il 25 novembre, un mese esatto prima di Natale, e terminasse, dopo due mesi, il 25 gennaio, giorno della conversione di San Paolo.
 
Il poeta romagnolo Aldo Spallicci, in una sua poesia del 1922, ricorda così i dolcetti che per tradizione venivano offerti ai bambini: “Par Santa Catarena e gal e la galèna, la bëla bambuzena; pianzì burdel s’ avlì di brazadel” (“Per Santa Caterina il gallo e la gallina, la bella bambolina; piangete bambini se volete le ciambelline”).
 
La tradizione di regalare biscotti di pastafrolla a forma di galletto per i maschi e di gallinelle e bamboline (le “caterine”) per le femmine è ancora in uso a Ravenna e non c’è forno della città che, in questi giorni, non ne faccia bella mostra nelle sue vetrine, biscotti generalmente decorati con zucchero colorato e pastigliette dolci.
 
Da dove derivi questa antica tradizione popolare, non è dato con esattezza saperlo. Tuttavia, l’usanza di regalare dolci ai bambini, tipica delle feste solstiziali, nasconde la speranza di un rinnovamento. Il dono di questi biscotti rappresenta l’augurio della vita, umana, vegetale ed animale, che si rinnova e si rigenera al termine della stagione invernale che avrebbe inizio proprio il 25 novembre.  Il gallo simboleggia da sempre il risveglio, in quanto effigie di luce, la gallina è auspicio di fecondità, mentre la bambolina rappresenta la Santa che avrebbe protetto le bambine a cui si faceva dono.
 
Un filo rosso, o meglio rosa, unisce quindi modernità a culto e a tradizione. Un’unica giornata destinata a celebrare e a ricordare donne che, sia ieri sia oggi, sono state uccise per difendere i propri ideali, la propria fede, ma anche i propri sogni e le proprie speranze.
 
Le caterine e i galletti, che oggi noi ravennati regaliamo ai nostri bambini, rappresentano quindi l’augurio per un nuovo anno colmo di saggezza e di amore e sempre meno di violenza.