Quel mantello che veniva dal mare…

I meravigliosi mosaici che rappresentano i due cortei imperiali all’interno della Basilica di San Vitale di Ravenna offrono un’importante testimonianza del costume bizantino all’apice del suo splendore.

Sontuoso ed elegante è l’abbigliamento di Teodora. Il mantello indossato dall’Imperatrice, la clamide purpurea con un raffinato ricamo color oro sul bordo inferiore, è di una seta preziosa, la seta di mare ovvero il bisso.

Il preziosissimo bisso tinto di porpora fu eletto dagli Imperatori per rappresentarne il fasto, la gloria e la raffinatezza dei costumi, regale contrappunto per clamidi con inserti di stoffa ricamata, simbolo di distinzione delle classi privilegiate

Questo filato raffinato si ricava da una creatura del mare, la pinna nobilis, volgarmente nota come nacchera o pinna, un mollusco bivalve che può raggiungere notevoli dimensioni, anche un metro di lunghezza. Si tratta del mollusco più grande del Mediterraneo e, infatti, un tempo veniva pescato anche per le sue carni. L’interno delle valve madreperlaceo contiene l’animale, protagonista assoluto nella produzione del filato di bisso. Esso infatti secerne una sostanza serica che a contatto con l’acqua diventa filiforme. Una volta raccolta, dissalata e cardata, la fibra di bisso assume un aspetto molto simile all’oro e alla seta.

Pinna Nobilis | © A. Abadie

I popoli del Mediterraneo che producevano la seta del mare, pescavano grandi quantità di pinna nobilis ed estraevano completamente il ciuffo di fili dall’interno delle valve, uccidendo di conseguenza l’animale. Oggi, infatti, la pinna nobilis è considerata a rischio di estinzione a causa della pesca indiscriminata, dell’inquinamento e della diminuzione delle aree dove crescere.

La tradizione della tessitura del bisso marino è antichissima e si perde un po’ nel mito e nella leggenda. È legata alle civiltà del Mediterraneo, in particolare agli Ebrei, Caldei, Fenici, Egizi e Cretesi, tutti popoli che avevano manifestato notevole creatività nell’arte della tessitura. La cosiddetta ‘seta del mare’ è un filo che presenta una grande resistenza, e questa, a parte le virtù estetiche, è una delle caratteristiche che lo hanno reso prezioso. Il bisso, inoltre, aveva spiccate proprietà terapeutiche ben conosciute dai pescatori in quanto grazie alla sua potente proprietà emostatica era usato per la medicazione delle ferite che i pescatori frequentemente si procuravano con gli attrezzi da pesca.

Non esiste una datazione certa sulle origini del bisso marino, si sa che nell’Antico Testamento ci sono diversi riferimenti a questo tessuto pregiato, sembra che il re Salomone indossasse una tunica tessuta con la seta del mare e che addirittura ne promuovesse la produzione, facendo arrivare esperti tessitori per garantirsene la disponibilità. Anche la regina di Saba pare indossasse indumenti di questo prezioso tessuto.

Altra creatura marina associata alla produzione del bisso è il murice, un mollusco monovalva che i Fenici conoscevano molto bene dato che forniva una sostanza rosso-violaceo: la porpora, usata per la tintura dei filati non solo di bisso.

E’ stata proprio la porpora a dare il nome a questo popolo di abilissimi mercanti e navigatori. Etimologicamente infatti, Phònix, nome greco dei Fenici, significa porpora.

Il bisso color porpora è quindi una fibra marina tinta con un altro elemento marino.

La lavorazione millenaria del bisso sopravvive oggi soltanto in Sardegna grazie alla passione e dedizione di CHIARA VIGO ultima Maestra di bisso al mondo.  Sull’isola di Sant’Antioco, sorta sui resti di Sulki una delle città più antiche del Mediterraneo occidentale e meta privilegiata dei Fenici, Chiara Vigo porta avanti questa tradizione millenaria. Durante le sue immersioni in apnea alla ricerca della pinna è riuscita a sviluppare un esclusivo metodo per prelevare il prezioso filo senza creare danno all’animale, asportandone solo qualche ciuffo e riposizionando la nacchera sul fondale. Solo dopo una lavorazione che richiede tanto tempo e infinita pazienza la Maestra di bisso, Chiara Vigo, ottiene un filo che al sole sembra oro e con il quale si possono effettuare ricami o produrre preziosi tessuti.

Bisso marino | © D. J. Hill 

Le tecniche segrete della lavorazione del bisso vengono trasmesse per giuramento dal Maestro all’allievo prescelto attraverso un formulario ben preciso. Chiara ha appreso queste tecniche dalla nonna Leonilde. Un segreto di famiglia che si tramanda da ben 28 generazioni.

La prima regola è  che  il bisso “non si vende e non si compra” perché è patrimonio di tutti e perché non ha prezzo per la rarità della materia prima e per i tempi di realizzazione.  

Un patrimonio millenario da salvaguardare.

“Indossai alla svelta i miei abiti di bisso. Gli feci sapere che erano intessuti di quei filamenti lucidi e serici che fissano alle rocce le nacchere, specie di conchiglie frequenti intorno al Mediterraneo.  Una volta se ne facevano belle stoffe, calze , guanti, essendo questi filamenti nel tempo stesso morbidi e colorati”

Jules Verne| Ventimila leghe sotto i mari, 1870.

 

 

Post a cura di Rita Monari con il contributo di Laura Gramantieri

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